Davide Di Luccio è nato a Napoli nel 1948. Rigorosamente autodidatta, ha iniziato da giovane la sua attività artistica intervallandola con gli studi universitari e con il lavoro.
Amante dell’arte antica, restauratore di oggetti d’arte e di dipinti rovinati dal tempo e dall’incuria, ha l’idea quasi ossessiva del recupero e della conservazione. Pittore di oli e guazzi secondo gli schemi classici, quasi come fulminato da un amore improvviso, ha abbandonato ultimamente la pittura “tradizionale” per abbracciare — le passioni senili sono le più forti — una nuova forma espressiva.
Davide utilizza materiali prevalentemente metallici rinvenuti nei posti più disparati, provenienti dallo smontaggio di utensili e attrezzi agricoli e domestici nonché pezzi di legno spinti dal mare sulle spiagge. Nelle sue creazioni riaffiorano ricordi di letture giovanili (Verne, Salgari) e immagini degli illustratori secenteschi di insetti e fiori.
Con i suoi pannelli non ha la volontà di stupire ma di instaurare nell’osservatore l’idea che ogni cosa, ogni oggetto che spesso incautamente gettiamo nella spazzatura, ha un valore in sé.
E come i colori per la pittura, la creta e il marmo per la scultura, anche un tubetto vuoto di dentifricio, una scatoletta di sardine o un pezzetto di legno possono diventare strumenti di espressione artistica.
Un piccolo contributo, il mio, affinché possiamo tutti insieme ragionare sui nostri sistemi di vita (spesso non curanti dell’ambiente) e sull’impatto distruttivo di essi sul nostro pianeta.